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      Quanto tali condizioni siano rovinose per le piccole tenute, quanto presto esse consumino quella poca scorta messa da parte con tanto sudore, come esse trasformino fiorenti villaggi in ricoveri di miserabili e di ladroni, lo provano guerre simili, di cui si sono conservati pių precisi ragguagli.
      20. Gli alleati. Pių fatale di questa materiale strettezza era l'avversione crescente degli alleati per questa guerra romana, che loro impoveriva le sostanze e succhiava il sangue.
      Minor pensiero davano sotto questo aspetto i comuni non latini. La guerra stessa provava che essi nulla potevano fino a che la popolazione latina tenesse per Roma; poco importava la maggiore o minore loro avversione. Ma ora cominciava a vacillare anche il Lazio.
      La maggior parte dei comuni latini nell'Etruria, nel Lazio, nei paesi dei Marsi e nella Campania settentrionale, quindi appunto nei paesi italici che avevano sofferto della guerra meno immediatamente di tutti gli altri, dichiararono nel 545=209 al senato romano, che essi da allora in avanti non manderebbero pių nč contingenti, nč denaro e che lascerebbero che i Romani sostenessero per proprio conto la guerra che facevano nel proprio interesse.
      Grande ne fu la costernazione in Roma; ma in quel momento non v'era alcun mezzo per costringere i recalcitranti. Per fortuna non tutti i comuni latini fecero lo stesso. Le colonie della Gallia, del Piceno e dell'Italia meridionale, con alla testa la potente e patriottica Fregelle (Pontecorvo) dichiararono, al contrario, ch'esse intendevano unirsi a Roma con vincoli altrettanto stretti e leali; indubbiamente esse vedevano che da questa guerra dipendeva la loro esistenza pių ancora - se era possibile - di quella della stessa capitale, e che la si faceva non solo per Roma, ma anche per l'egemonia dei Latini, anzi per l'indipendenza nazionale d'Italia.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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