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      Ed anche quella semi-diserzione di alcuni comuni non fu certamente effetto di tradimento, ma di poco accorgimento e di spossatezza; senza dubbio quelle medesime città avrebbero respinto con raccapriccio una lega coi Cartaginesi.
      Ciò non toglie che quella decisione non producesse una specie di scisma tra Romani e Latini e che non ne sentissero il contraccolpo le popolazioni dei territori assoggettati.
      In Arezzo si manifestò subito un pericoloso fermento; fra gli Etruschi fu scoperta una congiura tramata nell'interesse d'Annibale, e parve così pericolosa che si fecero marciare a quella volta delle truppe romane. I soldati e la polizia repressero quel movimento senza difficoltà, ma esso fu una seria prova di ciò che si poteva aspettare da quei paesi, dacchè le fortezze latine non li tenevano più in soggezione.
      In queste difficili condizioni si sparse in Roma improvvisamente la notizia che Asdrubale nell'Autunno del 546=208 aveva varcato i Pirenei, e che era necessario predisporsi per l'anno venturo a sostenere in Italia la guerra contro entrambi i figli d'Amilcare.
      Non inutilmente aveva dunque Annibale resistito per tanti e difficili anni nella sua posizione; ciò che gli era stato negato in patria dalla faziosa opposizione, ciò che gli era stato negato dal pusillanime Filippo, gli portava ora il fratello, nel quale, come in lui, era potente lo spirito del padre. Già ottomila Liguri, arruolati coll'oro cartaginese, erano pronti ad unirsi con Asdrubale. Vinta la prima battaglia, poteva forse sperare di far prendere le armi contro Roma agli Etruschi, come suo fratello aveva fatto con i Galli.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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