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      Erano riusciti ad attrarre con un trattato e un matrimonio Siface, di Siga (alla foce della Tafna, ad occidente di Orano), signore dei Messesili, uno dei due re berberi fra loro rivali e fino allora il più potente alleato dei Romani, abbandonando l'altro, Massinissa di Cirta (Costantina), signore dei Massili, già loro alleato.
      Massinissa dopo una disperata difesa aveva dovuto soccombere alle forze unite dei Cartaginesi e di Siface, abbandonando i suoi territorii a quest'ultimo; egli stesso poi, accompagnato da pochi cavalieri, andava errando pel deserto.
      Oltre al contingente di Siface, che si attendeva, era pronto per la difesa della capitale un esercito cartaginese di 20.000 fanti, 6000 cavalieri e 140 elefanti, comandato da Asdrubale figlio di Giscone, il quale aveva dato prova del suo talento di esperto generale nella guerra di Spagna; gli elefanti erano stati presi da Annone in una caccia fatta appositamente.
      Una rispettabile flotta stava inoltre ancorata nel porto. Si aspettava da un momento all'altro un corpo di Macedoni capitanato da Sopatro e una divisione di mercenari celtiberi.
      Avuta notizia dello sbarco di Scipione, Massinissa si recò tosto al campo del generale, contro il quale egli aveva poco prima combattuto in Spagna. Egli non recava ai Romani che il suo valore personale; i Libi, infatti, benchè assolutamente stanchi delle continue leve ed imposizioni, avevano fatto in simili casi esperienze troppo amare per pronunciarsi immediatamente a favore dei Romani. Scipione incominciò dunque la campagna.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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