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      Che finalmente la guerra durata diciassette anni, combattuta nell'istesso tempo nell'interno, in tutte le province italiche ed all'estero in tutte le quattro regioni del mondo, dovesse scuotere fino dalle fondamenta la pubblica economia č in generale cosa evidente; ma per parlarne in dettaglio ci fa difetto la tradizione.
      Lo stato ritrasse nondimeno un grande profitto dalle confische, e specialmente dal territorio della Campania che fu d'allora in poi una sorgente inesauribile per le sue finanze. Ma appunto per questa estensione dell'amministrazione demaniale il benessere del popolo si ridusse, di quanto, in altri tempi, colla divisione dell'agro pubblico, si era avvantaggiato.
      Moltissimi fiorenti villaggi - se ne calcolano quattrocento - furono rovinati e distrutti, i capitali raccolti con tanta fatica furono consumati, la popolazione fu corrotta dalla vita di guerra, le antiche buone tradizioni dei costumi cittadini e villerecci distrutte dalla capitale sino all'infimo villaggio. Si formarono bande di assassini composte di schiavi e gente disperata, della cui pericolosa importanza possono darne prova le 7000 persone che, nel solo anno 569, e nell'Apulia soltanto, furono condannate per furto.
      Gli estesissimi pascoli cogli schiavi pastori semi-selvaggė favorivano questo disgraziato abbrutimento del paese.
      L'agricoltura italica si vedeva minacciata nelle sue basi da un fatto verificatosi per la prima volta in questa guerra, che il popolo romano, invece di nutrirsi col grano da esso stesso raccolto, poteva venir cibato anche con quello proveniente dalla Sicilia e dall'Egitto.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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