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      Del resto la latinizzazione procedette anche qui con grande rapiditą; la nazionalitą celtica non era evidentemente in grado di opporre la resistenza dei pił inciviliti Sabelli ed Etruschi.
      Il celebre poeta comico latino Stazio Cecilio, morto l'anno 586=168, era un liberto insubre; e Polibio, il quale percorse questi paesi sullo scorcio del sesto secolo, scrive - forse con qualche esagerazione - che soltanto pochi villaggi in mezzo alle Alpi, qui, erano rimasti tuttora celti.
      Pare che invece i Veneti abbiano conservata pił lungamente la loro nazionalitą.
      2. Misure contro le invasioni. La cura principale dei Romani in queste province, come ben si comprende, era quella di porre un freno alle ulteriori calate dei Celti transalpini e di ridurre il confine naturale tra la penisola ed il continente interno anche a confine politico.
      Che il terrore del nome romano fosse penetrato nei pił vicini cantoni celtici d'oltr'Alpi lo prova l'inerzia assoluta con cui gli abitanti dei medesimi assistettero alla distruzione ed all'assoggettamento dei loro connazionali cisalpini, e pił ancora la disapprovazione ufficiale, che cantoni transalpini - probabilmente gli Elvezi (stanziati tra il lago di Ginevra ed il Meno) ed i Carni o Taurusci (nella Carinzia, e nella Stiria) - fecero sentire agli ambasciatori romani i quali avevano elevato proteste sui tentativi fatti da alcune schiere di Celti per stabilirsi pacificamente al di qua delle Alpi.
      Lo prova pure l'umile modo con cui queste schiere di emigranti chiesero al senato romano un'assegnazione di terreni; ma poi si rassegnarono senza opposizione alcuna (568-575=186-179) alla dura intimazione di ripassare le Alpi lasciando che venisse distrutta la cittą, ch'essi avevano gią fondata non lungi da Aquileia.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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