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      Al tempo della guerra annibalica gl'indigeni dell'Africa settentrionale ubbidivano a tre signori principali, a ciascuno dei quali, secondo il costume del paese, parecchi principi erano vassalli; il re della Mauritania Bocchas, che comandava dall'Atlantico al fiume Mulvia (ora sul confine marocchino francese); il re dei Massessili Siface, cui era soggetto il paese dal fiume Mulvia al così detto capo Forato (fra Djidjeli e Bona) nelle odierne provincie d'Orano e d'Algeri, ed il re dei Massilj Massinissa, il quale imperava sul confine che si stendeva dal capo Forato sino al confine cartaginese nell'odierna provincia di Costantina.
      Il più forte fra essi, Siface, re di Siga, era stato vinto nell'ultima guerra combattuta tra Roma e Cartagine, fatto prigioniero e tradotto in Italia, ove morì in carcere.
      I vasti suoi dominii toccarono in maggior parte a Massinissa, e sebbene Vermina, figlio di Siface, avesse riavuto dai Romani, dietro umili preghiere, una piccola parte del territorio paterno (554-200), non riuscì però a soppiantare il più antico alleato dei Romani nella posizione di oppressore privilegiato di Cartagine.
      Massinissa fu il fondatore del regno numidico: di rado l'elezione o la sorte posero un uomo al suo giusto posto, come Massinissa.
      Sano di corpo, conservò una grande agilità fino nella più grave età; moderato e sobrio come un arabo, atto a sostenere qualunque disagio, capace di restare dalla mattina alla sera al medesimo posto e di sedere a cavallo per ventiquattr'ore; provato nelle bizzarre e forsennate vicende della sua gioventù, come soldato e come generale sui campi di battaglia in Spagna; esperto ugualmente nella difficile arte di mantenere la disciplina nella numerosa famiglia ed il buon ordine nel suo stato; egualmente pronto senza alcun riguardo a gettarsi ai piedi del potente protettore ed a calpestare con pari indifferenza il debole vicino; ed in aggiunta a tutto ciò avendo una perfetta conoscenza delle condizioni di Cartagine, dove egli era stato educato e dove aveva avuto libero accesso nelle più ragguardevoli famiglie; pieno del più acerbo odio africano contro gli oppressori suoi e della sua nazione, - quest'uomo singolare era l'anima della rigenerazione della sua nazione, che pareva volgesse alla dissoluzione, e della quale le buone e le cattive qualità sembravano in lui quasi personificate.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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