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      Benchè Filippo avesse fatto leve rilevanti nei suoi dominii, e vi avesse arruolato disertori romani ed altri mercenari, non era riuscito a mettere in piedi - oltre i presidî dell'Asia minore e della Tracia - un esercito più numeroso di quello col quale egli stesso stava di fronte al console, e per formare il quale era stato costretto a sguernire i passi settentrionali del paese pelagonico.
      Per la difesa della costa orientale egli faceva assegnamento in parte sulla devastazione da esso ordinata delle isole Sciato e Pepareto, che avrebbero potuto servire di stazione alla flotta nemica; in parte all'occupazione di Taso e della spiaggia stessa, e sulla flotta comandata da Eracleide, ancorata presso Demetriade.
      Per il confine meridionale egli aveva dovuto calcolare perfino sulla più che dubbia mentalità degli Etoli.
      Questi ora si accostarono repentinamente alla lega contro la Macedonia e penetrarono subito insieme cogli Atamani nella Tessalia, mentre i Dardani e gli Illirici inondavano al tempo stesso le regioni settentrionali, e la flotta romana comandata da Lucio Apustio, salpando da Corcira, compariva nelle acque orientali, ove le si associarono i vascelli di Attalo, dei Rodioti e degli Istriani.
      A questo annunzio Filippo abbandonò spontaneamente le sue posizioni e si ritirò verso oriente; non si saprebbe ben definire se con l'intenzione di respingere l'invasione, probabilmente imprevista, degli Etoli, o con quella di attirarsi dietro l'esercito romano per annientarlo, o per attenersi, secondo le circostanze, all'uno od all'altro di questi partiti.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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