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      Se Antioco, pel cui arrivo Filippo supplicava invano gli dei, si univa con lui nella prossima campagna, egli poteva aspettarsi grandi successi.
      Vi fu un momento in cui parve che Antioco si disponesse a venire; il suo esercito comparve nell'Asia minore ed occupò alcune piazze del re Attalo, il quale chiese tosto l'aiuto armato dei Romani. Questi però non si mostrarono solleciti di spingere il gran re a romperla con loro, e mandarono ambasciatori i quali ottennero che il territorio di Attalo fosse sgomberato.
      Filippo non aveva da questo lato nulla da sperare.
      17. Flaminino. Ad ogni modo l'avventurosa fine dell'ultima campagna aveva talmente risollevato il coraggio o, meglio, la tracotanza di Filippo, che, dopo essersi di nuovo assicurato la neutralità degli Achei e della fedeltà dei Macedoni col sacrificio di alcune piazze forti e del detestato ammiraglio Eracleide, riprese egli stesso nella primavera del 556=198, l'offensiva invadendo i paesi degli Atintani, per prendere posizione e mettere un campo ben trincerato nella gola dove l'Aoo (Voiussa) si apre il passaggio tra i due monti Etopo ed Asmao.
      Di fronte gli stava il campo dei Romani rinforzato da nuove truppe e comandato prima dal console dell'anno precedente Publio Villio e poi, dall'estate del 556=198, dal console in carica Tito Quinzio Flaminino.
      Appena trentenne e dotato di molto talento, Flaminino apparteneva alla giovane generazione, la quale colle antiche abitudini incominciava ad abbandonare anche l'antico patriottismo(38) e pensava ancora alla patria, ma ancor più a sè ed ai costumi greci.


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Storia di Roma
3. Dall'unione d'Italia fino alla sottomissione di Cartagine
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 371

   





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