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      Egli raccolse quindi le navi e le truppe che aveva appunto sottomano - 40 navi a ponte, 10.000 fanti, 500 cavalli e sei elefanti - e, partendo dal Chersoneso tracico, si mise in marcia alla volta della Grecia, dove approdò presso Pteleo nel seno Pagaseo nell'autunno del 562=192 e occupò immediatamente la vicina città di Demetriade.
      Quasi nello stesso tempo approdò presso Apollonia un esercito romano di circa 25.000 uomini capitanato dal pretore Marco Bebio.
      Così era cominciata la guerra dalle due parti.
      6. Attitudine delle potenze minori. Ora si trattava di vedere come si realizzerebbe quella grande coalizione contro Roma, della quale era a capo Antioco.
      Quanto al piano di risvegliare in Cartagine e in Italia nemici contro i Romani, toccò ad Annibale, come sempre, anche alla corte di Efeso, la cattiva sorte di avere ideato i suoi grandiosi e generosi disegni per gente bottegaia ed abbietta.
      Nulla si fece per mandarli ad effetto, e servirono solo a compromettere alcuni patriotti cartaginesi; nessun'altra scelta rimaneva quindi ai Cartaginesi fuorchè quella di mostrarsi interamente sottomessi ai Romani.
      La camarilla non voleva aver da fare con Annibale; quest'uomo era troppo grande e quindi incomodo per gli intrighi dei cortigiani, i quali, dopo aver tentato ogni sorta di mezzi goffissimi, come fu, per esempio, quello di accusare di intelligenza cogli ambasciatori romani quel generale il cui solo nome serviva di spauracchio ai figli dei Romani, riuscirono a persuadere il grande Antioco - il quale, come tutti i monarchi orgogliosi, faceva gran conto della sua indipendenza d'azione e da nulla si lasciava più facilmente dominare che dal timore di essere dominato - ch'egli non doveva lasciarsi offuscare da quest'uomo; per cui nel gran consiglio fu deciso di non servirsi in avvenire del generale cartaginese che per imprese subordinate e per consultazioni, ben inteso con la riserva di non essere obbligati a seguire i suoi consigli.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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