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      Il senato lo riconobbe, giacchè lo esonerò dal pagamento del resto del tributo ch'egli doveva ancora, e gli rimandò gli ostaggi; ma non gli concesse l'estensione di territorio che egli aveva sperato.
      Egli ebbe il territorio dei Magnesi con Demetriade che aveva tolto agli Etoli; oltre di che rimasero in effettivo suo potere i distretti dei Dolopi e degli Atamani, nonchè una parte della Tessalia, dalla quale gli Etoli erano pure stati da lui scacciati.
      Nella Tracia veramente, il paese interno rimase sotto la protezione macedone, ma nulla era stato stabilito relativamente alle città del litorale ed alle isole di Taso e Lemno che si trovavano, di fatto, in potere di Filippo, anzi il Chersoneso fu dato espressamente ad Eumene, e non era difficile comprendere che ad Eumene fossero assegnati paesi anche in Europa, soltanto per imporsi, occorrendo, non solo nella Siria, ma anche nella Macedonia.
      L'irritazione di quell'uomo orgoglioso, e sotto molti aspetti anche cavalleresco, era naturale; non era però sofisticheria ciò che spingeva i Romani ad agire in questo modo, ma un'assoluta necessità politica. La Macedonia doveva espiare, come effettivamente espiò, il fatto di essersi elevata a potenza di primo rango e di aver guerreggiato con Roma da pari a pari; i Romani avevano molta maggior ragione di stare in guardia contro di essa che contro Cartagine, affinchè non risorgesse l'antica sua potenza.
      Diverse erano le condizioni degli Achei. Durante la guerra contro Antioco essi avevano dato forma al desiderio, da lungo tempo nutrito, di ridurre nella loro lega tutto il Peloponneso; la prima ad accedervi fu Sparta, e, dopo la cacciata degli Asiatici dalla Grecia, vi aderirono con maggiore o minore entusiasmo anche Elea e Messene.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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