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      Ma una volta concesse, rimasero; anzi, in tempi più tranquilli (nel 581=173), se ne aggiunse un'altra, sebbene meno importante, in onore della dea Flora.
      Le spese per questi nuovi spettacoli erano fatte, con mezzi propri, dai magistrati incaricati dell'ordinamento delle singole feste.
      Così gli edili curuli si diedero pensiero di aggiungere all'antica festa popolare anche quella della madre degli dei, e quella della dea Flora; gli edili plebei la festa plebea e quella di Cerere; il pretore urbano i giuochi apollinari.
      I governanti avranno con simili disposizioni tranquillizzate le loro coscienze pensando che le nuove feste popolari, per lo meno, non riuscivano di peso al pubblico erario.
      Sarebbe però stato meno svantaggioso aggravare il bilancio della repubblica di una quantità di spese inutili, che non permettere che l'ordinamento di un divertimento popolare divenisse, di fatto, una delle qualifiche per ottenere la suprema carica della repubblica.
      Non tardò molto che i candidati pel consolato gareggiarono nel lusso di queste feste, facendone salire le spese a somme favolose; e si applaudiva, come era ben naturale, quando uno di questi aspiranti consoli aggiungeva a questo dono quasi legale un altro dono «volontario» (manus) a proprie spese, e particolarmente quando si trattava di combattimenti di gladiatori.
      La magnificenza dei giuochi era mano mano divenuta la misura con la quale gli elettori giudicavano della valentia dei candidati al consolato.
      Ai nobili, veramente, questi onori costavano cari - uno spettacolo decoroso, con un combattimento di gladiatori, costava 720.000 sesterzi (L. 187.500 circa) -; ma essi pagavano volentieri perchè, in tal modo, escludevano assolutamente dalla carriera politica i poveri.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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