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      Intrepido sul campo di battaglia, intrepido nel foro, la coraggiosa e pronta sua parola, le sue ruvide, ma pungenti arguzie, le sue cognizioni del diritto romano e la sua pratica delle condizioni del paese, l'incredibile sua speditezza e la ferrea sua costituzione fisica, ne sparsero presto la fama nelle città vicine, e dopo aver fatta la sua apparizione in un campo più vasto, nel foro e nella curia della capitale, fu giudicato il giureconsulto più capace ed il più grande oratore dei suoi tempi.
      Egli prese il tono, che prima di lui aveva preso Manio Curio, suo ideale fra gli uomini di stato romani; egli, impiegò tutta la sua lunga vita ad impedire onestamente, e secondo la sua concezione, la decadenza che si andava diffondendo, e ancora nel suo ottantacinquesimo anno ebbe a sostenere nel foro romano parecchie battaglie contro il nuovo spirito dei tempi.
      Catone era tutt'altro che bello - i suoi nemici sostenevano che avesse occhi verdi e capelli rossi -, non era un grand'uomo e meno ancora un uomo di stato perspicace. Aveva una limitata visione della politica e della morale, avendo costantemente sotto gli occhi e sulle labbra l'ideale del buon tempo antico, e un ostinato disprezzo di ogni innovazione.
      Legittimando colla severità verso se stesso la spietata sua mordacità e durezza contro tutto e contro tutti, onesto ed onorevole, ma senza il sentimento di un dovere trascendente l'ordine di polizia e l'onestà commerciale; nemico di ogni ribalderia e di qualsiasi bassezza al pari che di ogni eleganza e di ogni raffinatezza, e prima di tutto nemico dei suoi nemici, Catone non fece mai un tentativo per arginare le sorgenti del male, e non ha mai combattuto che contro i sintomi e particolarmente contro le persone.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





Manio Curio Catone