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      Per avere un giusto concetto della storia interna di Roma gioverà descrivere succintamente queste condizioni economiche.
      L'economia rurale(30) si distingueva in economia delle grandi e delle piccole tenute e in economia pastorizia.
      Troviamo in Catone (De re rustica) una descrizione molto precisa intorno alla prima delle dette economie.
      I poderi dei Romani, considerati come grandi tenute, erano tutti indistintamente di limitata estensione.
      Il podere descritto da Catone aveva un'area di 240 iugeri; una comunissima misura era la cosiddetta centuria di 200 iugeri. Dove era introdotta la faticosa coltivazione della vite, l'unità del podere era ridotta ad una misura inferiore; Catone considera per questo caso un'area di 100 iugeri.
      Colui che voleva impiegare un maggior capitale nell'economia campestre non accresceva già il suo podere, ma faceva acquisto di parecchie tenute; la massima stabilita accordava l'occupazione di 500 iugeri di terreno che formavano la somma dell'estensione di due o tre tenute. La trasmissione dell'affitto per eredità era legalmente impossibile, e solo quando si trattava di beni comunali si accordava come surrogato l'affitto vitalizio.
      Non era sconosciuto l'affitto a breve tempo tanto contro una somma fissa in denaro, quanto pattuito in modo che il fittavolo sostenesse tutte le spese pel governo della tenuta e ritenesse una parte dei prodotti, che comunemente era fissata nella metà(31), ma ciò succedeva sempre per eccezione e per ripiego; perciò in Italia non s'è formato un ceto speciale di fittavoli(32).


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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