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      In stretta connessione con questi costumi, tutta la vita dei Romani era penetrata da puntualità, onestà e rispetto contrattuali.
      Tutti coloro, cui stava a cuore l'ordine, erano moralmente obbligati a tenere un libro di dare e di avere - così in tutte le famiglie ben ordinate esisteva una camera ad uso di studio (tablinum) - e tutti dovevano aver fatto testamento per non morire ab intestato.
      Una delle tre cose, di cui Catone confessa di essersi pentito nel corso della sua vita, fu di aver lasciato passare un giorno senza aver pronto il testamento.
      Tutti questi registri domestici, seguendo la consuetudine romana, erano ammessi come prove valide dinanzi ai tribunali, press'a poco come oggi i libri dei commercianti.
      La parola d'un uomo di illibati costumi era valida non solo contro di lui, ma anche in suo favore; quando si trattava di comporre delle divergenze tra gente onesta il più delle volte esse si accomodavano con un giuramento richiesto da una parte e prestato dall'altra; simili soluzioni erano considerate valide persino di fronte alla legge; ed una regola tradizionale prescriveva ai giurati di pronunciare il loro giudizio, in mancanza di prove, di preferenza in favore dell'uomo onesto contro un uomo di cattiva fama, e soltanto nel caso in cui ambedue le parti godessero d'eguale buona reputazione, di pronunciarsi in favore dell'accusato(44). Il decoro convenzionale si manifesta sempre più recisamente nella massima, che nessun uomo di alto rango debba accettare pagamento per servizi personalmente prestati.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





Romani Catone