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      La maggiore complicazione introdotta così nella trattazione degli affari era superata dal mercante romano coll'esemplare sua operosità, e col sistema di servirsi di schiavi e di liberti, che, considerato dal punto di vista del semplice capitalista, era preferibile al nostro sistema delle banche.
      Queste associazioni mercantili, colle centuplicate loro ramificazioni, esercitavano in tal modo una grande influenza sull'economia di ogni romano di distinzione.
      Secondo quanto dice Polibio, non v'era a Roma alcun uomo danaroso, il quale, apertamente o segretamente, non fosse interessato negli appalti dello stato; ed è quindi tanto più verosimile che ciascuno impiegasse una parte ragguardevole dei propri capitali nelle associazioni commerciali.
      Su queste basi si fonda la durata delle ricchezze dei Romani, la quale desta maggior meraviglia che non l'entità delle medesime.
      Il fatto, già altre volte notato, ed unico forse nel suo genere, che le grandi famiglie romane, per molti secoli, durarono nelle medesime condizioni, trova la sua spiegazione nei principî alquanto ristretti, ma solidi, dell'impiego dei capitali.
      15. Aristocrazia del denaro. L'eguaglianza cittadina che, coll'elevazione della classe dominante dei ricchi, aveva ricevuto una ferita mortale, ebbe un colpo non meno grave dalla distinzione, che sempre più chiaramente si andava delineando, tra i ricchi ed i poveri.
      Nulla promosse con tanta efficacia la separazione delle classi quanto la massima già accennata - in apparenza indifferente, ma in cui era implicita la più impudente arroganza ed insolenza da parte dei capitalisti - essere cioè cosa vergognosa prendere denaro per il lavoro compiuto: colla stessa, fu fatta una separazione non solo tra l'operaio giornaliero e l'artigiano, tra il rispettabile proprietario ed il manifatturiere, ma anche tra il semplice soldato ed il sottufficiale ed il tribuno di guerra, tra lo scrivano e il messo e il magistrato.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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