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      Abbondano le consuete considerazioni sulle gioie o sulle pene dell'amore, separazioni con spargimento di lacrime, e non mancano gli amanti che, per l'angoscia, minacciano di uccidersi.
      L'amore, o piuttosto lo spasimare, era, come dicono i vecchi giudici dell'arte, il vero alito vitale della poesia di Menandro.
      Il matrimonio, almeno in Menandro, ne è l'inevitabile conclusione; e perciò, a maggior edificazione e soddisfazione degli spettatori, e si mette in luce la virtù dell'eroina, se non del tutto intemerata almeno sana e salva, e di solito si scopre che essa è la figlia smarrita di un uomo ricco e perciò un buon partito sotto ogni aspetto.
      Accanto a queste commedie d'amore, ve ne sono altre di genere patetico; a questa classe appartengono le commedie di Plauto, intitolate la «Gomena» (Rudens), che tratta del naufragio e del diritto di asilo, il «Trinummo» e i Captivi, che non toccano intrighi amorosi, ma dipingono la squisita devozione dell'amico per l'amico, dello schiavo per il padrone.
      Le persone e le situazioni vi si ripetono all'infinito come uno stampo si ripete sopra una tappezzeria; p. es. non ci si può liberare da ascoltatori appartati, da colpi alle porte di casa e da schiavi che percorrono le vie con qualche commissione; le maschere fisse, di cui esisteva un numero determinato, per esempio otto vecchioni e sette domestici, fra le quali il poeta poteva far la sua scelta, favorivano maggiormente la trama obbligata della composizione.
      In una simile commedia era necessario sopprimere l'elemento lirico, il coro della commedia antica, e limitarsi, fin dal principio, al dialogo e tutt'al più ai recitativi; in ogni modo mancava non solo il contenuto politico, ma in generale ogni vera passione ed ogni poesia.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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