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      Nondimeno rimarrà sempre degno di considerazione il fatto che i poeti romani del sesto secolo non si volsero alla letteratura ellenica del loro tempo, cioè alla scuola alessandrina, ma cercarono i loro modelli soltanto nella letteratura classica, sebbene non siano risaliti sino ai modelli più puri e alle fonti più ricche.
      Del resto per quanto questi volgarizzatori si possano ritenere colpevoli d'innumerevoli storpiature e di alterazioni contrarie all'arte, tutti questi errori somigliano a quei peccati contro il Vangelo in cui è facile incorrano, nelle loro speciali condizioni, i missionari, ma che vengono poi compensati dall'ardore della fede, che è inseparabile dallo spirito di propaganda.
      Noi possiamo giudicare il Vangelo(94) diversamente da quello che fece Ennio, ma se nella fede importa non tanto ciò che si crede, ma il modo con cui si crede, non si può negare ai poeti romani del sesto secolo riconoscenza ed ammirazione, poichè un giovanile e vivido sentimento del potere della letteratura mondiale ellenica, una santa brama di trapiantare la pianta meravigliosa nel paese barbaro, informavano tutta la poesia del sesto secolo e coincidevano in modo singolare collo spirito elevato di questa grande epoca.
      I Romani ellenizzati, che vennero in seguito, e che raggiunsero un maggior grado di raffinatezza, guardavano con un certo disprezzo i lavori poetici di questo tempo; forse essi avrebbero dovuto mostrare maggior rispetto ai poeti, i quali, non ostante tutte le imperfezioni delle loro opere, stavano però in una più intima relazione con la poesia greca e s'avvicinavano alla vera arte poetica meglio che i loro più colti successori.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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