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      Marco Pacuvio da Brindisi, il quale dipinse nel tempio di Ercole, posto nel foro boario, quello stesso che in etą pił matura divenne celebre come traduttore di tragedie greche; Marco Plauzio Licone dell'Asia minore, a cui il comune di Ardea concesse la cittadinanza pei suoi dipinti eseguiti nel tempio di Giunone in quella cittą(96).
      Ma appunto questi fatti indicano chiaramente che l'esercizio delle belle arti in Roma non solo era di poca importanza, e piuttosto un mestiere che un'arte, ma che esso, a quanto pare, rimase anche pił esclusivamente, che non la poesia, nelle mani dei greci e dei semi-greci.
      Si manifestano invece i primi indizi dell'impegno, col quale nelle alte classi si comincia a pensare alle collezioni di opere d'arte.
      Gią si ammirava la magnificenza dei templi di Corinto e d'Atene e si guardavano con disprezzo le arcaiche statue di terracotta sui tetti dei templi romani; persino un uomo quale Lucio Paullo, seguace piuttosto dei principii di Catone che non di quelli di Scipione, contemplava e giudicava il Giove di Fidia con occhio di conoscitore.
      Marco Marcello fu il primo che, dopo la presa di Siracusa, dette l'esempio di trasportare a Roma gli oggetti d'arte dalle conquistate cittą greche (542=212); e benchč questo abuso fosse aspramente biasimato dai Romani di antico stampo e sebbene l'austero vecchio Quinto Massimo, dopo la presa di Taranto (545=209), ordinasse che non si toccassero le statue dei templi ma si lasciassero ai Tarentini gli sdegnati loro dei, questi saccheggi dei templi si fecero pił frequenti.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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