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      Tutte queste indicazioni sono poi riferibili ad un secolo e più dopo la morte di Catone. Da lui non abbiamo se non quella generale che l'allevamento del bestiame è più proficuo che non l'agricoltura (CICERONE, de off. 2, 25, 29; COLUM. 6 praef 4, confr. 2, 16, 2; PLIN. H. n. 18, 5, 30; PLUT. Cat. 21); ciò che, come è naturale non vuole significare che convenga dappertutto ridurre a terreno da pascolo i campi arativi, ma che il capitale impiegato per la pastorizia in terreni pascolivi sui monti ed altri luoghi convenienti, rende maggiori interessi quando lo si confronti con quello impiegato in fondi arativi. A questo proposito si deve anche considerare che il difetto di attività e di intelligenza nel proprietario del fondo si fa sentire meno pericolosamente dove si tratta di terreni da pascolo che di oliveti e di vigne, la coltivazione dei quali è tanto più difficile. Parlando di poderi arativi, Catone ne classifica la rendita in linea discendente nel seguente modo: 1° la vigna; 2° l'orto; 3° il saliceto, che per la crescente coltivazione della vite dava una ragguardevole rendita; 4° l'oliveto; 5° i prati per fieno; 6° il campo arativo; 7° la macchia; 8° il bosco ceduo; 9° il querceto pel foraggio del bestiame - tutti questi nove elementi sono riprodotti nel piano d'economia delle tenute modello di Catone. Una prova della maggior rendita netta, che offre la coltivazione della vite in confronto della coltivazione del grano, la vediamo nel fatto, che in forza della sentenza arbitrale tra la città di Genova ed i villaggi suoi tributari nel 637=117, la detta città riceve a titolo di pareggio la sesta parte del vino e la ventesima del frumento.


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Storia di Roma
4. Dalla sottomissione di Cartagine a quella della Grecia
di Theodor Mommsen
Stampa Aequa Roma
1938 pagine 343

   





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