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      Non era permesso nč alle donne, nč ai servi, nč agl'imbecilli di adottare; non vi era che un uomo libero, ed emancipato, che potesse valersi di un tal diritto; ma l'adozione propriamente detta non aveva luogo che riguardo ad un cittadino, il quale era sotto la potestā di suo padre, la di cui volontā era necessaria per l'adozione; a differenza dell'arrogazione, quale aveva luogo riguardo ad un cittadino sciolto dalla patria potestā. Quello, che era adottato, acquistava tutti i diritti di un vero figlio rimpetto a quegli, che lo aveva adottato; ma dal momento della sua adozione non aveva pių niente di comune con i figli del suo padre naturale. Se un cittadino dopo essersi dato un figlio adottivo veniva ad avere dei figli da un matrimonio legittimo, l'adozione sussisteva sempre, ed il figlio adottato aveva i diritti medesimi degli altri. Vi sono taluni, che credono che in Atene non fosse permesso ad un cittadino, che aveva un figlio adottivo, di prender moglie senza l'ordine, e la permissione dei Magistrati. In Sparta il governo faceva una particolare attenzione agli atti di adozione, e non potevano esser confermati se non che in presenza del Re. L'adozione era il mezzo, di cui si servivano per legittimare un figlio naturale.
      A Roma l'adozione poteva farsi per testamento; ma doveva essere ratificata dal Pretore, e dall'Imperatore.
      Nel tempo della Repubblica l'arrogazione, che, come si č detto, non dev'esser confusa coll'adozione propriamente detta, si faceva davanti al Popolo: si proponeva con una formula, che chiamavasi Rogatio; e non aveva effetto se non che dopo d'un maturo e scrupoloso esame.


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Dizionario compendiato di antichitā
di Etienne Jean Monchablon
Firenze dai torchi di Gio. Marenigh
1821-1822 pagine 560

   





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