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      Per tutti quei retrivi i diritti e i doveri di nazionalità erano l'ultimo dei pensieri; ciò che ad essi importava era veder assicurata la propria posizione sociale da governi forti, benevisi alla autorità chiesastica, di cui si erigevano protettori.
      Soddisfacendo i desiderii di costoro, che in quel momento eran quelli che facevano rumore, e che s'erano impadroniti nelle municipalità e nei Consigli provinciali dei posti già occupati dai partigiani di Napoleone, gli arbitri coronati del Congresso di Vienna, dovevano credere di trovarsi all'unisono colla opinione pubblica europea.
      «Era necessario», ebbe a dire il diplomatico russo Capodistria al conte di Brusasco, ambasciatore di Vittorio Emanuele, che si lagnava dei mali fatti all'Italia dal Congresso di Vienna, «era necessario dar la pace all'Europa e darla subito; il riposo era il primo bisogno, era il bisogno universale, e non poteva conseguirsi che per mezzo dell'unione.»
      L'unione a cui si riferiva il diplomatico russo era quella dei sovrani che avevano avuto principale parte nell'opera del Congresso di Vienna. Questo fu chiuso il 9 giugno 1815, nove giorni prima della battaglia di Waterloo. Il 26 settembre del medesimo anno, gli imperatori d'Austria, di Russia e il re di Prussia, annunciavano da Parigi la costituzione della Santa Alleanza con un Manifesto, del quale, come segno caratteristico del tempo, almeno il preambolo merita di essere testualmente riferito:
      «In nome della Santissima e indivisibile Trinità.
      «Le loro Maestà l'imperatore d'Austria, il re di Prussia, l'imperatore di Russia, in seguito ai grandi avvenimenti che hanno segnalato in Europa il corso degli ultimi tre anni, e specialmente dei beneficii che piacque alla divina Provvidenza di spandere sugli Stati i cui governi avevano posto in essa sola la loro fiducia e le loro speranze, avendo acquistato l'intima convinzione che è necessario, nei loro mutui rapporti, di stabilire il sistema da seguire sulle verità sublimi che c'insegna l'eterna religione di Dio Salvatore; Dichiarano solennemente che il presente atto non ha per iscopo che di manifestare in faccia all'universo la loro incrollabile determinazione, di non prendere per regola della loro condotta, sia nell'amministrazione dei loro Stati rispettivi, sia nei loro rapporti politici con qualsiasi altro governo, che i precetti di questa santa religione, precetti di giustizia, di carità e di pace, i quali precetti, lungi dall'essere applicabili unicamente alla vita privata, devono al contrario influire direttamente sulle risoluzioni dei principi e guidare tutta la loro condotta, come il solo mezzo di consolidare le istituzioni umane e di rimediare alla loro imperfezione».


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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