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      Le disposizioni da lui prese dal punto di vista puramente difensivo erano state buone; i soldati avevano valorosamente combattuto, e l'artiglieria s'era mostrata un'altra volta ammirevole pel suo contegno e per la precisione dei tiri, ma coll'astenersi dall'inseguire il nemico volto in ritirata, gli «immensi» frutti che da quella vittoria potevano ritrarsi, mancarono del tutto.
      «Vi sono momenti (scrisse, a proposito appunto di Goito, Pisacane) nei quali la vittoria si presenta sì chiara, che il non profittarne è delitto. I piemontesi non erano a Goito, meno di 20 mila uomini, gli austriaci non superavano i 16 mila; i piemontesi erano in paese amico, gli austriaci in paese nemico. I piemontesi vincitori, gli austriaci vinti; i piemontesi inseguivano, gli austriaci si ritiravano. Quale momento se non questo più propizio per profittare della vittoria?»
      Ma il generale Bava, dopo aver detto che la vittoria di Goito aveva molto rialzato lo spirito dell'esercito, ne fa una grave censura, scrivendo: «Noi ci trovavamo troppo deboli a petto dell'esercito nemico, per esporci a cosifatte venture con soldati giovani, tanto facili a dar luogo allo sconforto».
      Il giorno medesimo della battaglia di Goito, Peschiera si arrendeva ai piemontesi.
      Queste due vittorie destarono in tutta Italia, specialmente in Lombardia, un'immenso tripudio; e il comando supremo dell'esercito, lieto degli applausi e degli incensamenti che a lui venivano da tutte le parti, non si curò dei doveri che in quel momento più gl'incombevano, non si diede pensiero delle mosse del nemico; e quando ne indovinò il disegno, ch'era, passando l'Adige a Legnago, di gettarsi con tutte le sue forze su Vicenza, non pensò nè ad impedirlo, nè a raggiungerlo per dargli battaglia, mentre era impegnato sotto Vicenza contro Durando.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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