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      Nei giorni seguenti, continuando la ritirata prima al Mincio, poi verso l'Oglio, e continuando pure il cattivo servizio dei viveri, la demoralizzazione si fece più estesa. In molti l'istinto di conservazione prese il sopravento su ogni altro sentimento. I fuggiaschi crebbero di giorno in giorno, portando nei villaggi e nelle città dove passavano, notizie esagerate e menzognere sulle forze del nemico, e seminando dovunque la rabbia e lo scoramento.
      Quelli che li videro allora giungere a frotte, col viso stravolto, cogli abiti stracciati e luridi, con copricapo d'ogni foggia, ben pochi con quelli d'ordinanza, e parecchi persino senz'armi, in atto or supplichevole or minaccioso per avere asilo o soccorso dai cittadini, devono avere imprecato con tutto l'animo alla fatalità della guerra, pur quando è legittima, che dà al mondo così triste spettacolo delle umane miserie.
      Disgraziatamente gli uomini, e specialmente le moltitudini, dimenticano presto le impressioni più dolorose, così che quei medesimi che imprecano alla guerra nei giorni che seguono una catastrofe, la invocano poco tempo dopo, come unica via per rialzare le sorti della patria e come necessaria rivendicazione dell'onor nazionale.
      La lotta sociale in Francia
      e il mancato soccorso della Repubblica
      all'Italia
      LA CAPITOLAZIONE DI MILANO.
      Un esercito, che ha subìto una grande sconfitta, dopo avere perduto, per colpa dei suoi capi, le occasioni più propizie per vincere, sfiduciato perciò e in parte demoralizzato, non può contare su una sicura rivincita, se non pone fra sè e l'esercito nemico che lo insegue, tali ostacoli da dargli tempo di riordinarsi, di accrescere le sue file con nuovi contingenti e di rianimare lo spirito dei soldati.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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