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      Invece la rivoluzione della Lombardia e del Veneto parve una pazzia o un delitto ai rivoluzionari di Vienna.
      Rispondendo, i capi del partito che dominava allora in Vienna dicevano:
      «Noi abbiamo combattuto per tutti, e voi soli avete turbata la nostra vittoria... Pel sangue che abbiamo sparso l'uno per l'altro, ascoltate la nostra voce e stringete la mano che amichevolmente noi vi stendiamo.
      «Noi ci siamo congiunti in eterno legame di amicizia, e fratellanza colla nazione ungarese fin dagli ultimi giorni di marzo. La loro nazionalità è garantita. Noi li assicuriamo da ogni attacco dall'estero ed essi fanno con noi lo stesso.
      «Lombardi e Veneti, non volete entrare voi pure in questa bella unione e perseverare in essa?...
      «Possano queste poche parole venire messaggere di pace, ed essere come la colomba coll'olivo, che sorvolando sulle burrasche del tempo, si posi sulla vostra arca, annunciandovi la fine dei nostri affanni».
      Scrivendo in questi sensi, quei rivoluzionari erano certamente in buona fede. Cresciuti fra le ritorte del despotismo, pareva già loro gran cosa d'averle spezzate. Dopo aver veduto nella storia universale la formazione di tutti gli Stati sorgere dalla forza, non potevano riescire a comprendere il diritto che ha ogni popolo civile di vivere libero e indipendente in casa propria.
      La risposta, per incarico del Governo provvisorio, in nome dei Lombardi e dei Veneti, diceva:
      «Se voi siete indipendenti e liberi, sappiate rispettare anche l'indipendenza delle altre nazioni, che è sacra non meno della libertà individuale.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume primo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1903 pagine 338

   





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