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      NovaraDove la situazione era più strana, più intense le agitazioni e più ardenti le lotte, non soltanto fra partiti opposti, ma anche fra uomini di un medesimo partito, era in Piemonte.
      Ivi la rotta di Custoza e l'armistizio Salasco, e le relazioni ufficiali che n'erano seguite, avevano lasciato uno strascico immenso di recriminazioni e di odii.
      Ognuno, partito o uomo, che aveva avuto qualche parte importante, politica o militare, durante la guerra, pretendendo sè stesso immune d'ogni colpa, rigettava sulle spalle dei rivali la responsabilità delle patite sconfitte.
      I conservatori governativi attribuivano la causa della rovina della guerra alle intemperanze dei democratici; i democratici a loro volta ne davano la colpa al malvolere dei governanti e dei generali; i repubblicani alla monarchia, e sovratutto a Carlo Alberto, preoccupato assai più degli interessi dinastici che dell'indipendenza d'Italia. Nessuno voleva riconoscere che un po' di colpa l'avevano tutti, e che il popolo - adulato dagli uni, tenuto in nessun conto dagli altri - il quale con tanto entusiasmo s'era gettato nel movimento nazionale, aveva poi dimostrato di non avere in sufficiente dose le due qualità che fanno forti e invincibili le nazioni: la costanza nell'idea a cui s'è votato e la resistenza nei pericoli. Tutti però, tanto gli uomini di parte governativa, come quelli di opposizione, ammettevano, fra le cause principali degli avvenuti disastri, l'impreparazione della guerra e la spaventevole imperizia dei generali superiori.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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