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      Questa coscienza gli smaniosi della guerra in Piemonte nel 1849 non l'ebbero.
      Dopo avere avuto un rifiuto dal governo francese, che non trovò fra i suoi generali chi volesse abbandonare il proprio esercito per andare, quasi capitano di ventura, a servirne un altro, il governo piemontese prese a suo servizio un avanzo della rivoluzione polacca, lo Chzarnowski, che non aveva mai dato prova di valentia militare, ed al cui confronto il Bava poteva passare per un genio di guerra.
      Il governo aveva anticipato la leva, e chiamato sotto le armi le classi in congedo, portando l'esercito a novantamila uomini. Ma la maggior parte dei richiamati erano ammogliati, che sentivano più ira e dispetto per l'abbandono forzato delle famiglie, che desiderio di combattere.
      I coscritti, sottoposti a faticosi esercizi e a disagi di viveri e di vestimenti, per incuria delle amministrazioni, o per le stremate finanze dello Stato, mal sopportavano il freno della disciplina.
      La fiducia tra ufficiali e generali, tra graduati e truppe, dopo la cattiva fine della guerra di Lombardia, era scossa, e mentre c'era gran bisogno di rialzarla, il ministro Domenico Buffa - andato a Genova in gennaio per metter fine alle turbulenze, che in quella città, divenuta convegno di repubblicani e della parte più focosa dell'emigrazione lombarda, avvenivano di frequente, e per sedare le quali la polizia aveva fatto assalire da ultimo la folla dalla truppa - credendo d'ingraziarsi la democrazia, in un pubblico manifesto accennò alla milizia, dicendo che vale contro gli inermi, non contro i valorosi.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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