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      Questa strana e viziosa dislocazione delle truppe piemontesi, - osserva qui giudiziosamente Demetrio, nell'opera inedita da noi già citata - era bastante, per sè sola, a suggerire a Radetzky la più facile e sicura manovra per rompere in due quella lunghissima fronte. «Egli non aveva che da ripetere le sue proprie manovre strategiche dell'anno innanzi, di Mantova-Goito, e di Custoza-Valeggio».
      Il 18 mattina, un giorno e mezzo prima dello spirare dell'Armistizio, il maresciallo Radetzky abbandonò Milano, avviando le sue colonne sulle strade di Melegnano, Lodi e Sant'Angelo, raffermando così nella mente del generalissimo sardo la cervellottica supposizione che l'esercito austriaco volgesse in ritirata verso le fortezze.
      Ma invece di recarsi a Lodi, quando ne fu vicino, piegò improvvisamente a destra, e giunse nel pomeriggio col suo quartiere generale a Sant'Angelo, e alla sera la principale massa del suo esercito accampava nella campagna pavese.
      Fin dal giorno innanzi il gen. D'Aspre, comandante il II° corpo austriaco, accompagnato da ufficiali di stato maggiore, s'era avvicinato al ponte del Gravellone, soffermandovisi oltre un'ora per ben riconoscere la posizione della Cava e del terreno circostante.
      L'isola che sorge fuori di Pavia, compresa fra il Ticino e il Gravellone, occupata di buon'ora dagli austriaci, permise loro di costruire, non visti, nella notte dal 19 al 20 marzo, due ponti, pei quali il loro esercito, nel momento in cui scadeva l'armistizio, potè varcare il fiume in tre colonne.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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