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      Fu necessario, nel secondo giorno del loro passaggio irruento, chiamare a raccolta la Guardia Nazionale, la quale rispose immediatamente all'appello, e col suo fermo contegno potè arrestare subito quelle turbe di scapestrati, farli rinchiudere nella caserma dei carabinieri, e tenerveli finchè venne l'ordine dalle autorità militari di mandarli alle rispettive destinazioni.
      Allora fu chiaro anche ai più ciechi che una guerra, la quale è sempre una cosa orribile, non la si può, nè si deve mai intraprendere, se non per una necessità ineluttabile, quando tutto un popolo, animato irresistibilmente da un forte amor di patria, sente che per altra via non è possibile conseguire l'indipendenza, o redimere dall'oppressione straniera i propri connazionali, e quando si è convinti che anche l'esercito partecipa ai sentimenti patriottici del paese.
      Guadagnar l'anima del soldato, appassionarlo per l'idea che spinge alla guerra - non bisogna stancarsi di ripeterlo - è condizione essenziale di vittoria. L'ufficiale che non sa compiere questa parte, cambii mestiere. L'uomo di Stato che non vede la necessità di una vera e completa corrispondenza di affetti e di propositi fra la nazione e l'esercito, rinunci al governo del suo paese, se non vuole cagionargli un giorno disastri e calamità irreparabili.
      Le cose qui accennate non furono neppure lontanamente pensate dal capo del governo sardo a quel tempo, l'incosciente Rattazzi, e dai tribuni smaniosi di guerra, da cui s'era lasciato sedurre, e la sconfitta fu inevitabile.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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