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      A Bergamo, sua patria, dove il Camozzi entrò colla sua scorta d'uomini armati, tutto si limitò all'abbattimento degli stemmi austriaci, e a tener bloccata nella rocca la piccola guarnigione (300 uomini) che vi stava rinchiusa.
      A Brescia non giunse nessun inviato del Piemonte, nessun diretto eccitamento a insorgere. Solamente una colonna di armati guidata da un prete, il curato di Serle, che campeggiava sui sovrastanti Ronchi, era invito a sollevamento.
      Radetzky non aveva lasciato che 500 uomini nel castello, ben munito però di artiglieria. Il municipio, temendo un conflitto, aveva esortato con un manifesto la cittadinanza all'ordine e alla quiete.
      L'ordine mandato al municipio dal comandante del Castello di versare nelle sue mani alcune migliaia di lire provenienti da una multa imposta dal gen. Haynau, determinò la sommossa.
      Il popolo, non appena ne ebbe notizia, irruppe nelle sale del municipio, disarmò e fece prigioniero quel comandante esoso e imprudente. Fu il principio della lotta. I drappelli e i soldati isolati che si trovavano in città furono assaliti da tutte le parti, disarmati, fatti prigionieri e alcuni uccisi. Se questi ultimi furono uccisi perchè opposero resistenza, gli storici nostri non dicono.
      Dal canto loro gli storici dell'Austria, per giustificare gli atti d'immensa ferocia commessi dalla truppa quando l'insurrezione era già vinta, affermarono che persino alcuni poveri soldati che giacevano malati o feriti negli ospedali, furono dagli insorti barbaramente uccisi.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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