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      Ma da quel momento il partito democratico francese non cessò un istante dal considerare come uno dei principali doveri della Francia la riparazione dell'offesa fatta all'Italia ed al diritto delle genti, col portar le sue armi a servizio del potere temporale del Pontefice; dal canto suo Luigi Napoleone, se potè avere fin d'allora e per alcuni anni dopo il colpo di Stato, l'appoggio del clero, grazie alla sua politica ligia al papato, finì per comprendere che era questa una delle cause della sua debolezza, e quando volle dare un po' di popolarità alla causa imperiale, non trovò altro miglior modo che di far suo uno dei pensieri più cari alla democrazia francese: l'indipendenza italiana.
      Tutto questo non sarebbe avvenuto, o si sarebbe ottenuto più difficilmente e forse in tempo più lontano, senza gli eroici combattimenti del 3 giugno sul Gianicolo, e la ostinata difesa che ne seguì per ventinove giorni.
      Ma la guerra, anche quando è fatta per legittima difesa - dalla parte dei francesi fu un'iniqua aggressione - è sempre l'esaltazione della forza, cui fa seguito sovente lo scoppio di brutali istinti. Nella difesa della città di Roma, sotto l'occhio della popolazione, e dove combattevano schiere che avevano nelle loro fila i più distinti giovani d'Italia, non fuvvi atto che non fosse di buona guerra. Ma non fu così dappertutto fuori di Roma.
      Lo scrittore di questo sommario conobbe, non sono molti anni, un tale, che forse vive tuttora, che aveva partecipato, come milite in una colonna di volontari, alla campagna romana del 1849, il quale ai suoi più intimi aveva confessato di avere mangiato, insieme a commilitoni suoi, dopo la presa di un convento, carne abbrustolita di frati; chi li avesse uccisi ognuno può immaginarselo.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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