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      Il 4 maggio sei batterie erano compiute, e l'effetto del loro fuoco doveva essere tale - così pensavano i generali austriaci - da costringere gli assediati a sgombrarlo o a capitolare.
      Per assistere al delizioso spettacolo, e per fare all'indomani la sua entrata in Venezia; Radetzky era venuto espressamente da Milano con quattro arciduchi. Per ordine suo erano state lanciate nella Laguna delle bottiglie con rinchiusovi un proclama stampato, che annunciava ai Veneziani, a cui la bassa marea le avrebbe portate, l'entrata delle truppe austriache in Malghera.
      Un pittore che gli arciduchi avevano secoloro condotto doveva abbozzare l'entrata degli austriaci in Malghera e in Venezia.
      Ma invece dello sgombro e della capitolazione sperata, il forte che conteneva centotrentasette cannoni, rispose con un fuoco violento assai superiore a quello dell'assediante.
      Era la prima volta che Venezia vedeva quel combattimento di artiglierie, e i campanili e i tetti erano pieni di aspettatori, che attendevano con ansia «l'esito di sì gigantesca lotta».
      Tale la chiama il generale austriaco Schönhals, da noi più volte citato (Memorie della guerra d'Italia degli anni 1848-49 di un veterano austriaco) il quale soggiunge:
      La viva resistenza spiegatasi ci mostrò in breve che il forte era comandato da valoroso e risoluto soldato, e che quel tentativo d'intimazione non ci avrebbe condotti allo scopo.
      Allora Radetzky scrisse di nuovo, con lettera a Manin, «agli abitanti di Venezia», ma con linguaggio diverso da quello usato da Haynau.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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