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      Così finì (e così termina la sua storia Anatole de la Forge) questa guerra di giganti, durata diciotto mesi, scevra da ogni eccesso in mezzo alle circostanze più difficili, sostenuta dalla volontà e dalla perseveranza d'un sol uomo e d'un sol popolo. Così cadde la Repubblica di Venezia, che fu nel XIX secolo la più magnifica protesta del diritto contro la forza, e che sarà in avvenire la testimonianza più splendida del valore italiano.
      Riassumendo in un giudizio sintetico la storia dell'assedio di Venezia, è difficile poter dire se furono maggiori gli esempi di virtù civile e di fortezza d'animo della cittadinanza o gli atti di intrepidezza dei combattenti; certo è che gli uni e gli altri scaturivano da una stessa fonte: l'amore profondo della libertà e l'odio all'oppressione straniera.
      Magnanimo il popolo e pronto ai maggiori sacrifici, ebbe la fortuna di trovare in Daniele Manin e negli altri preclari che lo coadiuvarono nei momenti più difficili, uomini nei quali il senno e l'animo furono ognora pari alla immensa gravità delle circostanze fra le quali dovettero agire.
      Per questa sublime armonia di intenti e di azione, per questa meravigliosa concordia fra popolo e governanti, per le sue auguste memorie, per la sua eroica difesa Venezia, portò alla causa d'Italia, che già godeva le simpatie del mondo civile, il fascino della poesia. Fece di più.
      Quando fu veduto un popolo che non era stato mai guerriero, gentile d'animo e di costumi, alieno da pompe e da gesta militaresche, sostenere serenamente la lotta contro uno dei meglio organizzati eserciti del mondo, affrontarlo colle sue improvvisate legioni, e vincerlo in parecchi combattimenti, resistere lunghi mesi ad una non mai interrotta pioggia di fuoco, e giammai lasciarsi abbattere nè dal micidiale morbo asiatico, nè dai disagi, nè dal digiuno, allora fu dimostrato ai governi ed ai popoli, che non il culto delle guerre, non l'esaltazione dei guerrieri, non l'odio, non la violenza, non la boria nazionale, instillata nel sangue fin dall'infanzia da un'educazione anticivile, son le passioni che più giovano alla efficace difesa della terra nativa; bensì l'amore illuminato e cosciente della libertà e della patria, che ci affratella con coloro coi quali abbiamo comuni la lingua e i costumi, le glorie e i lutti del paese in cui siamo nati, l'eredità del passato e le speranze dell'avvenire, sono le vere forze colle quali un popolo potrà sempre difendersi contro qualsiasi invasore, e vincerlo, quando non sieno troppo numericamente sproporzionate le armi e le milizie.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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