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      Che il sentimento di nazionalità, di cui specialmente i croati sono animati, non sia facile a domare, ne abbiamo avuto la prova nella grande rivolta del 1883, e anche ai giorni nostri nelle ripetute sommosse delle popolazioni del contado, che si sono sfogate in atti di violenza contro gli uffici pubblici e tutto ciò che porta l'impronta della dominazione ungarica.
      Le recenti violenze possono però dirsi innocenti trastulli al paragone delle scene selvagge che allora insanguinarono i paesi percorsi dalle bande armate croate e serbe. Ma l'Ungheria non avrebbe avuto alcun serio pericolo, se alla testa dell'insurrezione croata non si fosse posto un uomo di grande ardimento e buon organizzatore, il colonnello Jellachich.
      Vedendo il vantaggio che poteva trarre opponendolo agli ungheresi, la Corte Austriaca lo nominò generale, bano (governatore) di Croazia, principe, feld maresciallo, proprietario titolare di due reggimenti, e comandante in capo dei distretti di Bamat, di Waradin e di Carlsbad.
      Il ministero ungherese protestò, e poichè durava ancora, con deboli speranze di vittoria, la guerra in Italia, Jellachich fu sospeso dalle sue funzioni, e chiamato dall'imperatore a Innsbruch. Ma non appena Radetzky ebbe vinto l'esercito sardo, Jellachich non trovò più ostacoli da Vienna, ma incoraggiamento nella guerra da lui desiderata e preparata.
      Il 9 settembre 1848, Jellachich passava la Drava con 50,000 croati, camminando diritto su Pest, senza trovar resistenza. Il vecchio generale ungarese, Moya, che doveva contrastargli il passo, abbandonava le posizioni appena occupate, e il governo di Vienna, credendo tutto finito, mandava il conte di Lamberg, qual commissario dell'imperatore, a prender possesso della capitale.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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