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      Erano pieni di cadaveri.
      Secondo la lista ufficiale, pubblicata alcuni mesi dopo dal Moniteur, i morti del colpo di Stato sarebbero stati trecentottanta, ma fu creduto sempre che il numero dev'essere stato assai maggiore.
      Gli arrestati nei dì della lotta e nei successivi - secondo un documento trovato nel 1870 alle Tuileries - sarebbero stati 26,642, dei quali solamente 6500 rimessi in libertà; 5108 furono sottomessi alla sorveglianza, 15,033 condannati (di cui 9530 deportati in Algeria, 239 a Cajenna, dopo un lungo soggiorno sui pontoni, 2804 internati in città francesi). Ottanta rappresentanti, quasi tutti repubblicani, furono esiliati.
      Questo criminoso attentato, che supera nella misura e nei modi quanto, dall'invasione dei barbari in poi, da stranieri o da nemici interni, fu fatto contro un paese civile; questo assassinio d'una Repubblica per opera di colui medesimo che aveva giurato di esserne il custode e di difenderla, e col concorso dell'esercito, che, per ordine dei capi, si fa violatore delle leggi e massacratore dei propri concittadini, fece paragonare Luigi Napoleone Bonaparte ai peggiori delinquenti; lo si disse uomo di istinti malvagi, che non aveva nessuna nozione del bene e del male, imbecille per giunta, il quale, senza averne l'ingegno, voleva essere del primo Napoleone il rappresentante e il continuatore.
      Non è tuttavia da tacere che Luigi Napoleone non aveva l'animo chiuso a qualcuna delle aspirazioni dello spirito moderno; ma di queste aspirazioni avrebbe voluto essere egli il sommo rappresentante e il duce.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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