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      S'insinuò nell'animo d'una bellissima contessa, moglie d'un patrizio lombardo, la quale, avendo accesso alle serate delle Tuileries, si assunse l'incarico di rendere propizio l'imperatore alla causa italiana; scrisse una nuova Memoria sulla situazione d'Italia, che fece consegnare nelle mani dei rappresentanti francesi e inglesi.
      Sull'idea per un istante vagheggiata dell'annessione di Parma, Piacenza, Guastalla e Modena, non avendo avuto l'approvazione dell'Inghilterra, Cavour non credette di insistere.
      Che la questione italiana dovesse essere portata nel Congresso, i primi a consentirvi furono i rappresentanti dell'Inghilterra, dove, dopo le lettere di Farini a Russell, e la parola di Gladstone, che aveva chiamato il governo di Napoli «la negazione di Dio», la causa italiana era popolarissima.
      Fin dai primi giorni Lord Clarendon aveva detto a Cavour: "Il Congresso non si separerà, prima di avere pronunciata la parola Italia".
      Fu nella seduta dell'8 aprile, più giorni dopo che il Trattato di pace colla Russia era stato votato, e non mancava più altro che l'approvazione del protocollo, che il presidente del Congresso, Walewski, invitò i rappresentanti "a scambiare le loro idee" sulle questioni che «presto o tardi potrebbero condurre a gravi complicazioni e a compromettere la pace d'Europa». Fra tali questioni, indicò l'occupazione degli Stati romani per parte della Francia e dell'Austria e la condotta del re di Napoli.
      Lord Clarendon prese subito la parola; fece del governo pontificio tale dipintura, che nessun patriota italiano avrebbe potuto dire di meglio; conchiuse qualificandolo «il peggiore dei governi che sieno mai esistiti». Del governo di Napoli, disse ch'era così anormale da imporre alle potenze il dovere di far sentire a quel governo la voce dell'umanità in forma così perentoria, da obbligarlo a seguirla.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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