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      Mise però alcune condizioni, fra le quali quella che Napoleone III non avrebbe provocato mutamenti dinastici a favor suo in Italia.
      L'isolamento dell'Austria e i duecento mila uomini che Napoleone avrebbe portato in Italia, davano a Cavour la certezza, avvenendo la guerra, che sarebbe stata vittoriosa. Perciò ritornato a Torino, rivolse tutti i suoi pensieri a renderla inevitabile in tempo vicino. Occasione a farla nascere potevano offrirgliela gli elementi rivoluzionari che abbondavano nei Ducati. Pensò perciò ad averli sotto mano, in modo da servirsene anche a loro insaputa.
      Preparare il nuovo rivolgimento d'Italia con forze rivoluzionarie, ma in modo che la direzione fosse sempre nel suo governo, fu il pensiero massimo di Cavour, reduce da Plombières.
      In quest'opera ebbe un fido cooperatore in Giuseppe Lafarina, esule messinese e storico di bella fama. Egli pubblicava da qualche anno un giornaletto, mezzo clandestino, il Piccolo Corriere d'Italia, destinato a tener vivo il sentimento della riscossa nelle provincie soggette all'Austria, al Papa, ai Borboni. Il giornaletto, per le idee unificatrici che sosteneva, era piaciuto a Manin, che negli ultimi mesi di sua vita aveva additato al Pallavicino in Lafarina un utile collaboratore.
      Morto Manin, il Lafarina, fatto segretario della Società Nazionale Italiana, ne divenne presto il dirigente. Ne furono presidente il Pallavicino e vice presidente il gen. Garibaldi. Ma Garibaldi, sentendo avvicinarsi il momento dell'azione, rivolgeva a questa tutto il suo pensiero, non a disquisizioni politiche, e meno ancora a polemiche; il Pallavicino, da tutti venerato pel suo grande patriottismo, e pei quindici anni di prigionia passati nello Spielberg, e già vecchio, non aveva mente e fibra da dare impulso e direzione ad un'Associazione, che mirava a far convergere tutte le forze al trionfo dell'idea unitaria, meno la repubblica.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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