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      In un sol giorno il battello postale partito da Livorno sbarcava settecento giovani in Genova, salutati dovunque da festose accoglienze.
      Nelle città lombarde i giovani di robusto aspetto che indugiavano a partire, erano guardati poco benignamente dal resto della popolazione.
      Ad alcuni furono mandati a casa quei burattini di legno di Norimberga, che servono di giocattolo ai bimbi.
      Vi furono vecchi genitori che accompagnarono a Torino i loro figli, e non li abbandonarono finchè non li videro vestiti dell'assisa di soldato o del Cacciatore delle Alpi.
      Un curato del Veneto si fece guida fino a Torino dei giovani suoi parocchiani, vogliosi di combattere.
      Dei veneziani il primo ad arruolarsi fu un giovinetto Michiel, discendente di dogi.
      Del patriziato milanese, furono moltissimi che ritemprarono al fuoco d'un verace patriottismo il vecchio blasone.
      Si arruolarono, quasi tutti in cavalleria, provvedendosi del cavallo a spese proprie, il duca Visconti di Modrone e i suoi fratelli, tre fratelli Belgioioso, il conte Cicogna, un Taverna, un Sanseverino, un Dal Verme, oggi generale, un Crivelli Serbelloni e molti altri.
      E quasi tutti vollero essere semplici soldati, come semplici soldati rimasero del pari, per tutta la campagna, parecchi ingegneri e giovani avvocati e letterati e artisti di grido.
      Se di tutti questi preziosi elementi, nei quali l'inesperienza delle armi era più che compensata da un forte amor di patria, si fosse fatto un sol corpo, posto sotto il comando dell'uomo nel quale la gioventù aveva maggior fiducia, ed era il più atto a condurla alla vittoria, è molto probabile che la guerra avrebbe avuto risultati migliori per l'Italia, e meno preponderante sarebbe stata nei successi decisivi la parte dell'alleato.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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