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      Invece di cominciare le ostilità allo spirare dei tre giorni portati dall'ultimatum, cioè la notte del 27 aprile, soltanto il 29 l'esercito austriaco, lasciato un corpo di riserva a Pavia, passò il Ticino cogli altri quattro corpi che lo componevano.
      Quei tre giorni perduti dall'Austria diedero tempo all'esercito sardo di concentrarsi nel campo fortificato di Alessandria e Casale, non che alle prime teste di colonne francesi di mettersi in viaggio per giungere a Torino il 30 aprile e a una parte di truppa di sbarcare l'indomani a Genova, accolte questa e quelle da entusiastiche acclamazioni delle due città, che vedevano, per la prima volta nei secoli, un esercito straniero giungere in Italia non più come conquistatore, ma come amico ed alleato.
      Dopo alcune dimostrazioni offensive fatte dagli austriaci ai primi di maggio fra Tortona, Casale e Valenza, con forze impari agli scopi, tanto che, sotto Casale, bastarono la divisione Cialdini e il corpo di Garibaldi a respingerle, Giulay mutò ad un tratto divisamento, e avanzando la sua ala destra contro la Dora Baltea, parve volesse mirare a Torino.
      Ma anche qui apparve chiaro come a Giulay mancasse la prima dote d'un generale: la risolutezza. Vedendo che i piemontesi non avevano fatto alcun apprestamento per la difesa della Dora Baltea e temendo, avanzandosi, di favorire un loro disegno, onde fosse compromessa la sua linea di ritirata, diede alla sua ala destra l'ordine di ritirarsi.
      Allora tentò nuove operazioni sulla destra del Po, spingendo la sua ala sinistra per la valle della Trebbia fino a Bobbio, occupando così da Vercelli a Bobbio una fronte di 100 chilometri, per pentirsi di nuovo, e richiamare poco dopo le sue truppe al di qua del Po, tra il Ticino e la Sesia.


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Le guerre le insurrezioni e la pace nel secolo decimo nono
Volume secondo
di Ernesto Teodoro Moneta
Tipografia Popolare Milano
1904 pagine 328

   





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