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      La teoria darwiniana non poteva, escludendo l'uomo, limitarsi ai soli esseri inferiori, né applicata ai caratteri organici poteva arrestarsi di fronte ai caratteri mentali: la riforma delle scienze biologiche supponeva una modificazione analoga delle scienze morali: risolto il problema dell'origine umana, ne venivano anche rovesciate le vecchie basi della psicologia, della storia, della giurisprudenza, della letteratura e dell'arte, ma, quel che è più, tutti i concetti della antica filosofia perdevano ogni valore. «In un lontano avvenire» scriveva ancora fatidicamente il Darwin «io veggo altri campi aperti alle più importanti ricerche: la psicologia sarà fondata sopra il principio già propugnato da Herbert Spencer, che cioè ogni facoltà e capacità mentale siasi necessariamente sviluppata a grado: si spanderà una viva luce sull'origine dell'uomo e sulla sua storia: noi potremo anche penetrare nel futuro, esser certi che nessun cataclisma venne mai a desolare il mondo intero, pensare con confidenza ad un tranquillo avvenire di lunghezza incalcolabile, infine riflettere che tutte le qualità del corpo e dello spirito tenderanno a progredire verso la perfezione».
      È noto che l'opera del Darwin fu accolta dapprima nel mondo scientifico con uno scoppio quasi generale d'indignazione e di orrore. Soltanto pochi furono i naturalisti che sin d'allora ne riconobbero la grande superiorità su tutte le teorie precedentemente emesse intorno al problema dell'origine naturale delle specie: pochissimi poi coloro che ebbero il coraggio di accettarla e di farsene propugnatori.


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Carlo Darwin
di Enrico Morselli
pagine 83

   





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