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      Altra menda del Lamarck è di non accorgersi della relativa insufficienza dei dati scientifici, e di presentare le sue ipotesi con un tono dogmatico, che mal s'accorda colla poca sicurezza d'alcune sue premesse. Né ai fatti che potrebbero confermare le sue concezioni teoriche sembra che egli dia molta importanza: alcuni esempi di possibili trasformazioni animali, che prestano facile appiglio all'ironia, rivelano nel Lamarck anche più forte il contrasto fra l'arditezza della sintesi e la insufficienza dell'analisi.
      Carlo Darwin procede in modo del tutto opposto, e secondo le esigenze del pensiero moderno. Vero è ben che quando egli intraprese lo studio del problema del trasformismo, la scienza si trovava assai più avanzata che non ai tempi del Lamarck, e che egli ha potuto far tesoro di tutto l'immenso materiale descrittivo raccolto dalla scuola dei naturalisti sistematici: ma la superiorità del Darwin sta appunto nell'aver compreso che le prove erano oramai tanto numerose e sì forti da poter costituire per sé sole la base più salda delle dottrine evoluzionistiche anche senza alcun passo sul terreno vacillante della filosofia. Nel Lamarck si scorge adunque il filosofo della natura e l'ardito formulatore di concetti generali; nel Darwin lo scienziato e il paziente analizzatore dei fatti speciali.
      Il Darwin non si gettò mai nelle speculazioni, e pur avendo fornito all'evoluzionismo la prova positiva tanto desiderata colla sua elezione naturale, egli rimase, nota giustamente il Brunetière, del tutto estraneo alla formazione del monismo filosofico, cui invece portarono cotanto tributo le opere dei suoi discepoli ed ammiratori, specialmente tedeschi.


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Carlo Darwin
di Enrico Morselli
pagine 83

   





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