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      Quando si è letto un capitolo del Darwin si resta meravigliati che il principio generale, cui egli arriva per induzione in mezzo a tanti fatti, sia passato inosservato non solo agli altri naturalisti, ma a noi stessi, tanta è la naturalezza e per così dire logicità delle conclusioni, una volta accettate quelle premesse. Ora, le premesse presentando sempre una saldezza incomparabile in quanto al numero ed alla perfezione delle prove addottevi, ne viene che il lettore è indotto a concludere quasi automaticamente, senza sospettare che ci si lascia invece guidare dal genio lucido e sereno dell'autore. Una induzione del Darwin deriva sempre da un'altra più semplice, e si sale così di induzione in induzione e di legge in legge sino ai concetti più generali della teoria, ciascun dei quali si congiunge e si rannoda coi vicini, coi soprastanti e cogli inferiori. La prova che il darwinismo ha dato delle dottrine evoluzionistiche sta appunto in questo concatenarsi e succedersi quasi fatale di fatti e di leggi: l'union fait sa force.
      La varietà delle cognizioni scientifiche del Darwin ha in sé qualche cosa di eccezionale e, starei per dire, di formidabile. Non v'ha parte della biologia dov'ei non abbia gettato il suo sguardo scrutatore, scoprendo tesori immensi là dove altri supponeva d'aver tutto mietuto. Numerosissimi fatti oscuri, insignificanti, negletti da tutti, ma illuminati da lui, ingigantirono di improvviso, e con sbigottimento delle scuole ortodosse: in una teoria, che doveva comprendere e spiegare fenomeni così complessi come quelli del mondo vivente, nessun fatto particolare poteva essere dimenticato, né lo fu.


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Carlo Darwin
di Enrico Morselli
pagine 83

   





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