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      Noi, rispettando queste sue convinzioni, lascieremo irresoluto il quesito se ciò fosse per disegno o per illusione. Certo, se ei credette, le sue credenze non gli oscurarono la vista profonda delle leggi ineluttabili ed eterne della natura: ad ogni modo seppe distinguere il dominio della scienza da quello della religione, quando in fine dell'opera sulle Variazioni pose il principio della creazione per opera d'un'Intelligenza provvidenziale accanto alle difficoltà per noi insolubili del libero arbitrio e della predestinazione.
      Fu colmato di onori ambitissimi e godette fama mondiale, ma non ricercò né gli uni né l'altra, come non si curò del disprezzo e delle offese. Quando uscì la celebre sua opera sull'Origine delle specie, la setta dei credenti gli mosse acerbissima guerra, e s'ebbe a Down lo spettacolo tristissimo del Darwin fatto segno alle minaccie e mostrato a dito dalla folla vigliacca ed ignorante: si giunse anche ad insultarlo, negandogli un posto nella sala delle pubbliche riunioni. Più tardi queste ostilità cessarono: il clero con la solita elasticità di coscienza, mostrò d'adattarsi alla nuova corrente di idee, gridando ai quattro venti che il darwinismo non era contrario alla religione: gli animi allora si chetarono, e il volgo, sempre uguale a sé stesso, finì nelle circostanze di Beckenham col venerare il Darwin come un essere sovrumano. L'aspetto del grande scienziato era veramente tale da conciliargli codesto universale sentimento di venerazione.
      Ebbe Carlo Darwin alta statura, fisionomia seria e pensosa, fronte spaziosa e diritta, occhio vivace e benevolo ad un tempo, barba lunga e folta che incanutita dagli anni gli finiva sul petto.


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Carlo Darwin
di Enrico Morselli
pagine 83

   





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