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      L'amore per sè solo non è per lui un grosso peccato anche se non andando disgiunto da lussuria conduce al tradimento della fede coniugale: le anime degli adulteri per passione
     
      che la ragion sommettono al talento
      (Inf. V 39)
     
      non sono cacciate nei gironi più bassi là dove imperversa la collera Divina trascritta in quella del Poeta. Paolo e Francesca non solo stanno poco oltre la soglia dell'Inferno ma nella bufera si tengono abbracciati; così che quell'essere ancora insieme ne addolcisce il castigo quantunque forse il Poeta intendesse pure che il reciproco vedersi soffrire acuisse la loro penitenza. Ma intanto egli non collocò gli adulteri tra i rei per fraudolenza sebbene nel loro reato sia offesa la personalissima fede del coniuge e la condotta dei colpevoli sia intessuta di menzogne e di stratagemmi. Dante ha veduto insomma il lato passionale dell'adulterio con il che lo ha quasi nobilitato togliendogli il suo aspetto più odioso.
      Ben più peccaminosi e rei degli amanti lussuriosi sono per Dante i seduttori poichè se in quelli è la passione o il senso che si tramuta in colpa gli altri delinquono per calcolo e con dolo (frode): ecco la ragione del loro castigo nel Medio Inferno. Non sarebbe questa una antiveggenza del Poeta rispetto alla distinzione che la Criminologia positiva fa oggi tra i delinquenti passionali e quelli abituali?
      Un altro profondo vincolo psicologico collega nel pensiero Dantesco i reati sessuali puniti nelle due prime Malebolge il lenocinio la seduzione del maschio e la lusinga corruttrice della femmina.


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Sessualità umana
di Enrico Morselli
Editore F.lli Bocca Torino
1931 pagine 209

   





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