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      ), anzi i nervi presentano qualche tempo dopo la morte un certo grado di reattività; la stessa contrazione idio-muscolare non scompare che colla rigidità cadaverica. Però queste condizioni agoniche e post-mortali mutano a seconda dello stato normale o patologico dei centri nervosi: ad ogni modo, si può forse sostenere che questo lento sparire della vita sia..... euforico?
      Il Feré supponeva di trovare una spiegazione fisiologica al presunto senso di euforia che proverebbe il morente. Le cellule cerebrali, intossicate dai veleni dei tessuti in dissoluzione, analoghi a quelli che oggi diconsi i fermenti diastasici di Abderhalden, entrerebbero, secondo lui, in un breve stato di ipereccitabilità che darebbe ragione anche del ben noto fenomeno degli ultimi sprazzi di intelligenza, delle improvvise rimembranze, dei ritorni linguistici infantili, che precedono tante volte la morte, ad es., anche nei dementi, nei paralitici. Egli parla pure di una ipereccitabilità psicomotrice, che corrisponderebbe ad una esaltazione psichica con senso cenestetico di benessere. Ma pare che lo spettacolo dei moti istintivi che fa il morente, massime se robusto e giovine, o sorpreso da morte rapida e imprevista, non deponga in favore della ipotetica dolcezza del momento fatale. Potrebbero dirlo per obbiettiva esperienza i medici che hanno assistito i feriti di guerra. La descrizione orrenda di un campo di battaglia durante la mischia o subito dopo, coi gridi strazianti o coi lamenti sempre più fievoli dei moribondi, non sembrano favorevoli alla tesi ottimistica!


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





Feré Abderhalden