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      E già, nell’antichità, Areteo parlava di "addormentare" gli infermi per i quali non ci fosse più speranza.
      So benissimo che si può controrispondere che tale provvedimento è, in sostanza, il surrogato di una morte lenta ad una improvvisa; che il morfinismo spinto all’estremo diventa a sua volta doloroso, sia pel bisogno vieppiù prepotente del veleno, sia per i suoi effetti cronici sulla compagine organica; che in dati casi anche gli stupefacenti si addimostrano inefficaci. Ad ogni modo, penso che davanti alla domanda di morte fattaci da un infermo si debba prima tentare la surrogazione di cui parlo: può avvenire che passato il momento dello sconforto, l’infermo stesso si riattacchi alla vita e ci sia, nel fondo della sua coscienza, grato di aver resistito a quella sua disperata richiesta. Penso inoltre che la Scienza medica, se oggi non è ancora in possesso di sostanze pienamente anestesizzanti ed innocue, potrà più o meno presto scoprirne altre che inducano una assoluta analgesia senza minacciare nella vita anche quando se ne spingesse in alto la dose. Penso pure che non sia impossibile in un non lontano avvenire scoprire la sede o gli organi centrali della coscienza del dolore; perchè non ammettere che l’Uomo arrivi col tempo a provocare il sonno isolato dei centri della sensibilità dolorifica?
      Certamente, la forma più blanda e meno antipatica di eutanasia consisterebbe nell’attutire la sensibilità del paziente morituro e togliere così la precipua ragione messa avanti dai sostenitori del suo uso pietoso.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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