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      Non è quasi mai la paura di "esser morto", ossia di trovarsi sbalzato nell’Al di là, ciò che assilla il pensiero del moribondo, salvo che non venga a turbarlo la credenza del fantastico premio o castigo nell’Altra Vita: è proprio la paura di "morire", la paura del "passaggio". Niuno vi pensa a mente calma in mezzo alla salute più florida; niuno vi si avvicina senza un intimo, profondo fremito del cuore; ognuno pensa all’agonia come ad un periodo di inimmaginabili sofferenze. È vero che la Medicina può fino ad un certo punto molcere i dolori della malattia in corso, ma si ha ragion di dubitare che essa possa fare lo stesso a riguardo dello stato agonico, ove questo fosse veramente così penoso come al Moro e a parecchi eutanatisti è sembrato.
      La frase comune "lottare con la Morte", è condensata nel termine "agonia", che vuol proprio dire "lotta"; ma toltine pochissimi casi, per i quali è permesso supporre che la Vita se ne vada in tale lucidità di coscienza da poter comprendere l’approssimarsi della sua fine, nella immensa maggioranza delle morti la lotta è semplicemente organica, non psichica; anzi, può ben dirsi che l’agonia cominci con lo spegnersi della luce del cervello, ossia con la cessazione della funzione della sua grigia corteccia. E neanco dopo la morte gli elementi organici muoiono tutti ad un tratto e simultaneamente; si sono visti crescere capelli, barba, unghie per qualche ora dopo l’esalazione dell’ultimo respiro; anzi, in certi casi le ossidazioni e combustioni vitali si perseguono così che nel cadavere si nota un aumento della temperatura.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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