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      Secondo le nostre vedute in Etica sociale, tutti i membri di un dato aggregato, tutti i cittadini di un popolo o di una nazione, essendo ciascuno, per la sua parte, responsabile delle condizioni generali di vita, così in bene come in male, si debbono mutuo aiuto e mutua assistenza fino all’ultimo nel caso di sventura, di avversità, di malattie, poichè, anche se queste sono l’effetto di imprevidenze o di colpe individuali, riteniamo che, per leggi di determinismo fisio-psichico, la condotta dell’individuo dipenda in massima da fattori estranei alla sua volontà o precedenti alla formazione della sua personalità. Noi, insomma, consideriamo la pazzia, al pari del delitto, della prostituzione, del suicidio (per limitarci a manifestazioni anormali di ordine psicologico) come vere e proprie malattie sociali; e poichè la Società, al modo come si è costituita e come funziona, non ne sa ancora impedire lo sviluppo, nè provvede a liberarsene con metodi razionali ed umani, è giusto ed è meritato che ne sopporti il peso materiale.
      Non paia un paradosso il dire che nessuno impazzisce di propria scelta, e tanto meno cade in demenza per propria incapacità di voler rinsavire; la malattia incoglie il più spesso all’insaputa del paziente, e anche quando questi si accorga del disordine che minaccia le sue facoltà intellettuali (di quello che ci colpisce nelle facoltà affettive noi siamo quasi sempre meno consapevoli), egli non è più in grado di resistere, ed il triste evento si avvera non ostante la sua desolazione.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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