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      Precisamente come quando si rifiutano fiori e discorsi ad una salma "per desiderio espresso del defunto"! Ma siamo noi sicuri che chi ha manifestato in via astratta e trovandosi in piena salute quel desiderio, sarebbe poi coerente a sè stesso nel momento opportuno? Quanti pentimenti non vediamo noi avvenire anche nei caratteri più risoluti e più fermi! Tutto al più, quando uno sta per suicidarsi, si può discutere se si abbia il diritto o dovere di impedirglielo, conservandolo per una vita ulteriore resagli intollerabile o da patimenti fisici o da patemi morali. È lecito chiedersi se, in luogo di essere un atto pietoso, il salvataggio di un suicida non costituisca un atto sostanzialmente crudele: perchè infliggere nuovamente dolori o sventure a chi non si sente più la forza di sopportarli? Ma in Cina chi salva un suicida è obbligato ad assumersene di poi il mantenimento: dovrà anzi pagarne i debiti, se la causa del disperato proposito erano imbarazzi finanziari; questa usanza è il contrappeso dell’altra pure Cinese, e già ricordata, che chiunque spinga altri a suicidarsi è condannato a risarcimento verso gli eredi! Nei nostri Paesi, invece, la simpatia verso i nostri simili, ci porta bensì a trattenere un suicida nell’atto in cui sta per lanciarsi dall’alto o per appiccarsi, e non pensiamo in quel momento a un suo debito ulteriore di riconoscenza per averlo salvato; ci esponiamo, anzi, ai suoi rimproveri e alla sua collera per il nostro intervento. Il più delle volte però il salvatore è rimeritato almeno col fatto che il disperato tentativo non vien più ripetuto.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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