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      ... Il matrimonio, anche ridotto ad istituzione religiosa, consacrò nelle sue formole la violenza e lo invilimento della donna.
      Quando la sposa non era rapita a forza come una preda od un bottino, il cui legittimo possesso non era piú contestabile, era mercanteggiata e pagata come un oggetto qualunque. L'ultima cerimonia componente il complicato rito nuziale presso i Romani era una finta violenza; presso i Canciti (nell'Africa) il rapimento convenuto, ed il pagamento stipulato, è una formola sacramentale. La formola del rapimento trovasi anche presso gli Americani. Nell'Araucania il padre, che ha accordata sua figlia in isposa, la spedisce con un incarico qualunque, indicandole un cammino. Il marito, posto in agguato co' suoi amici, la rapisce e la porta nella sua capanna.
      Nelle vecchie Indie la donna non mangia mai col marito. Nella giovine Oceania, a Nonkahiva, alle Isole Washingthon, ecc., non solo non mangiano le spose mai coi mariti, ma sono loro vietate per sovrappiú molte vivande all'uomo solo permesse. Nella Nubia è crudelmente punita se osa toccare la tazza o la pipa del marito. In tutto il regno di Coango, durante il pranzo del marito, la donna si tiene in piedi in disparte e non gli dirige la parola che genuflessa. In tutta la Nigrizia le cure dell'allattamento, l'apparecchio degli alimenti e dei liquori, le cure del focolare, la conservazione delle vesti, non sono tenuti per nulla. Ella deve ancora coltivare il tabacco, estrarre l'olio dalle palme, macinare il miglio, fornir la casa d'acqua e di legna, eppoi, come null'altro avesse a fare, mentre il marito dorme deve guardarlo dalle mosche.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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