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      Il povero dà al soddisfacimento di questi bisogni pochi minuti e poche cose. I mezzi di procurarsi questo soddisfacimento assorbono tutte le sue giornate. L'uomo e la donna in quella classe sono strettamente parificati. Le cure domestiche non trattengono la donna dall'essere tutto il giorno ben lungi dalla casa in un opificio qualunque. La donna che si reputa abbastanza preoccupata dalle cure famigliari, è già discretamente agiata.
      Piú ascendiamo verso le alte sfere sociali, piú si complicano le esigenze della vita civile, ma crescono colle esigenze i mezzi di soddisfarle, finché giungiamo a vedere la donna aristocratica sciupare la vita nell'inanità e nella noia, non trovando alla naturale attività impiego possibile.
      In quanto poi alla donna del medio ceto, che risente in pari tempo e delle esigenze dell'alta classe e delle strettezze dell'infima (ed è quella per conseguenza che serve d'archetipo a quanti filosofi e giuristi videro incompatibilità fra le cure famigliari ed un'altra funzione qualunque) è quella altresì il cui marito, non che avere agio di attendere a quegli affari d'ordine civile che come a capo della società domestica gl'incombono, è vincolato all'assiduo esercizio d'un'arte, d'una professione, o d'una gestione, all'urgente disimpegno delle quali non può in nessun modo anteporre i suoi privati interessi.
      Sintetizzando, in tutta la scala sociale, in regola generale, la donna è occupata al par dell'uomo, e dove no, lo è meno; e questo è lo stato vero e concreto delle cose per chiunque degni porvi mente, sicché l'esclusione della donna da una professione qualunque, per riguardo alle cure domestiche, è più speciosa iperbole che non esatta apprezziazione delle cose.


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272